Intervista alla Dott.ssa Nizzardo del Laboratorio di Cellule Staminali Neurali

La Dott.ssa Monica Nizzardo fa parte del nostro team da 17 anni. Ha iniziato, infatti, qui il suo dottorato di ricerca in medicina molecolare traslazionale, per poi proseguire il suo percorso all’interno del laboratorio di Cellule Staminali Neurali. Oggi lavora al fianco della Prof.ssa Stefania Corti, coordinando un gruppo di ricerca, con l’obiettivo di sviluppare strategie terapeutiche cellulari e molecolari per patologie neurodegenerative (in particolare malattie del motoneurone ad esordio infantile – Atrofia Muscolare Spinale e Atrofia muscolare spinale con distress respiratorio – o adulto come la Sclerosi Laterale Amiotrofica) e neuropatie ereditarie (Malattia di Charcot-Marie-Tooth di tipo 2A).

Conosciamola meglio.


Com’è nata la tua passione per la ricerca e perché hai scelto di fare la ricercatrice?

«La biologia è un campo che mi affascina fin da quando ero ragazza, ma la passione per la ricerca non è nata quando ero piccola: il mio è un amore che è cresciuto nel tempo e che ho scoperto ancora di più quando ho iniziato a lavorare. Dopo il liceo, infatti, ho scelto di iscrivermi alla facoltà di biotecnologie e mi sono appassionata sempre più al mondo delle cellule staminali. Da qui è iniziata la mia storia al Policlinico, dove nel 2005 ho intrapreso un dottorato di ricerca in medicina molecolare traslazionale».

Come funziona l’attività di ricerca nel vostro campo?

«La nostra attività si muove su due fronti. Da una parte cerchiamo di capire la patogenesi, ossia le cause della malattia. Le patologie di cui si occupa il nostro laboratorio, infatti, sono molto rare e complesse, c’è ancora tanto da scoprire. Dall’altra cerchiamo di sviluppare delle cure, sfruttando in particolar modo le cellule staminali “pluripotenti indotte”, che sono delle cellule derivate da cellule del paziente stesso».

Cosa ami del tuo lavoro?

«Una delle cose che amo di più è senza dubbio il fatto di essere costantemente in aggiornamento, in studio e di poter collaborare con tantissime realtà diverse – laboratori nazionali e internazionali – oltre che interagire con giovani ricercatori, supportandoli nel percorso e trasmettendo loro le conoscenze acquisite negli anni».

Come si evolve il percorso di un ricercatore nel tempo e oggi di che cosa ti occupi?

«Come in altri settori, anche nella ricerca dopo anni il lavoro si evolve e si passa sempre più “dal laboratorio alla scrivania”: come ricercatrice senior, oggi mi occupo di divulgazione, sia verso la comunità scientifica sia verso la società, e di organizzare e seguire l’avanzamento dei progetti da un punto di vista logistico e operativo, coordinando i gruppi di ricerca coinvolti, fino all’analisi dei risultati. Buona parte del mio lavoro consiste, inoltre, nell’aggiornamento: per poter avviare nuovi progetti è fondamentale documentarsi costantemente sugli ultimi sviluppi della ricerca, sia in Italia che all’estero, cercando di capire quali sono le esigenze».

Qual è la scoperta di cui sei più orgogliosa?

«Senza dubbio, lo studio sull’atrofia muscolare spinale con distress respiratorio di tipo 1 (SMARD1), perché è riuscito ad arrivare alla pratica clinica, cosa abbastanza rara: normalmente i tempi della ricerca sono davvero molto lunghi. L’idea è stata quella di applicare delle strategie terapeutiche, già in uso per altre patologie, anche sulla SMARD1. Il progetto è iniziato nel 2011 e dopo anni di test in laboratorio che ci hanno portato a ottenere risultati molto buoni, a marzo 2022 abbiamo visto avviare nell’Ospedale Pediatrico Nationwide Children’s Hospital di Columbus in Ohio (USA) il primo trial clinico per valutare la sicurezza di una terapia genica sulla SMARD1. Pensare che a partire da un’idea siamo riusciti ad arrivare non solo a un trial, ma anche a far conoscere di più questa patologia, è per me la soddisfazione più grande e il consiglio che vorrei dare a tutti coloro che hanno passione per la ricerca è di non lasciarsi intimorire da questo mondo perché il lavoro da fare è ancora tanto e ciascuno di noi può fare la differenza». 

Supporta anche tu il prezioso lavoro dei nostri ricercatori.